Uscite del dopo-quarantena: Parco del Ticino e “Ponte Tibetano”

Dopo due sofferti mesi di clausura, arriva finalmente l’annuncio presidenziale a liberare (con cautela) i nostri ferrivecchi dai garage, così che le persone chiuse in casa possano sportivamente deridere dai balconi la nostra forma fisica.
Le uscite devono essere tassativamente in solitaria; mi preparo con entusiasmo, nonostante senta una vocina provenire dal fondo schiena che dice: “No, non lo fare!”… per la cronaca, ora questa vocina sta dicendo, dolorante: “Te l’avevo detto!”.

Direzione Ticino, la gita sarà caratterizzata dal fenomeno detto: “percorso di Schroedinger”; a causa di questo fenomeno, il ciclista seguirà una traccia GPS i cui passaggi cruciali possono essere aperti o non aperti.
L’argine del Villoresi, per cominciare, è infatti proibito in più punti dalle recenti normative. Forse non ha molto senso, dato che mi costringe a passare dai centri abitati, dove incontro molte più persone; inoltre devo deviare da quella che sarebbe la via più semplice e veloce per raggiungere il punto di partenza del mio tour.

Ma i Bikelanders sono ligi alle regole e quindi, con la mascherina pronta all’uso, si sceglie la via stradale, salvo rientrare sul Villoresi dopo Castano Primo per l’ultimo tratto.

Uscito a Nosate, mi addentro finalmente nel labirinto di sentieri e ponti che caratterizza il Parco del Ticino, circondato da una natura rigogliosa e grato per ogni boccata d’aria fresca, proseguendo fino alla località 3 Ponti di Turbigo, per lo highlight di questa uscita.

Il ponte tibetano non è proprio tale, in quanto offre una struttura ben più solida dei suoi parenti delle Vie Ferrate;  attraversa uno dei rami del fiume, si percorre rigorosamente con bici a mano, e regala un po’ di brivido e avventura ad un’uscita finora tranquilla.

 

   

Il ponte mi trasporta in una foresta talmente fitta che è impossibile attraversarla se non armati di machete o di lanciafiamme. Poiché il Sindaco De Luca non era disponibile, ho dovuto cercare un percorso alternativo, un bellissimo single track che costeggia il fiume e che si apre su panorami emozionanti.

Purtroppo, il ponte, che dall’altro lato ricollega al percorso, è chiuso, perché pericolante. Non c’è via di uscita da questo Jurassic Park lombardo.

        

Torno quindi verso il ponte di gran carriera, curva stretta verso destra, da un lato il fiume, dall’altro la roccia, in mezzo.. una vipera incazzata che, appena mi vede, si arriccia in posizione “ti faccio brutto” e lancia un’urlo acutissimo e di dubbia virilità: “KHAAAAAN”.
Più tardi mi rendo conto che le vipere non dicono “Khan”, quindi forse l’urlo acutissimo era mio.
E’ uno stallo alla messicana, ma l’orrida bestia infine mi lascia il passo, spaventata dal mio sguardo determinato o impietosita dal mio bisogno di nuovi pantaloncini.

L’adrenalina mi spinge indietro fino al ponte tibetano; lo ripercorro molto più celermente di prima per lasciarmi alle spalle quest’isola selvaggia e pericolosa.

Da qui, il rientro sarà su facili strade sterrate fino a Castelletto di Cuggiono, dove mi ricongiungo con la civiltà e procedo verso casa lungo la statale, arrancando sugli ultimi chilometri (totale 56).

Le gambe vanno poco, il sedere fa male, la natura è bella ma anche spaventosa… corro a rifugiarmi sul fedele divano, ma solo per rimettermi in sesto, in attesa della prossima uscita!