Con la Fat Bike nel Deserto del Kalahari
Durante il nostro viaggio nel continente africano ci rendiamo conto che la voglia di pedalare non va in vacanza.
Ci troviamo qui (inquadratura da GoogleMaps degna del miglior Studio Aperto), nella parte Centro-Orientale della Namibia:
Il sole africano brucia la pelle, ma il pomeriggio è ventilato e fresco. Decidiamo di esplorare il Deserto del Kalahari nel modo che più ci piace: in bicicletta.
Compagno di viaggio e Bikelanders onorario, la mia Patty, che, al pari di ben più titolati Bikelanders, non ha particolare inclinazioni per lo sterrato.
Patty prende confidenza con il mezzo…
Anzitutto dobbiamo specificare 2 cose:
1 – Con mio sommo disappunto (e un pochino di imbarazzo nel dirlo), non ci sono biciclette vere, ma solo delle Fat E-Bike (certo, se avessero pedalato senza aiutino, magari non sarebbero state “fat”…).
2 – Dobbiamo precisare che il Kalahari della parte Namibiana non è un vero e proprio deserto, in quanto riceve più di 250 mm di pioggia l’anno; le temperature in inverno inoltre possono essere molto basse. Parliamo però di un’area in parte steppica e in parte arida, che si estende per circa 900 km, e caratterizzato da affascinanti dune di sabbia rossa. Merita quindi il nome di deserto a pieno titolo.
Patty in action con inaspettata padronanza del terreno!
Esploratore del deserto immortalato dal nostro reporter
Il Kalahari …
… e la sua sabbia rosso fuoco!
Prima di avventurarci da soli nel deserto, sulle tracce dei Boscimani, originari abitatori del Kalahari, chiediamo info pratiche alla nostra guida, Bruce, detto “Dundee” per ovvie ragioni..
Bruce Dundee mentre spiega…
Ovviamente nella zona non sono presenti i grossi predatori, altrimenti col cavolo che ci lasciavano girare in bicicletta allegramente: non si vedono quindi leoni e leopardi, che comunque caccerebbero di notte, e ghepardi, che comunque non attaccano l’uomo; presenti invece iene, sciacalli, volpi, che non rappresentano una reale minaccia.
Con la nostra top speed di circa 30 km/h ci aggiudichiamo nettamente il titolo di animale più lento della savana; la cosa diventa evidente quando incontriamo alcune antilopi sul percorso, che ci distanziano in pochi istanti e con disarmante facilità.
“Dov’è finito? Era qui un secondo fa?”
Ci mettono in guardia su alcune specie di serpenti. Abbiamo una vipera che si nasconde nella sabbia praticamente invisibile; il mamba nero, che ti uccide solo guardandoti male; un cobra così incazzato che prima di morderti ti sputa.. “ma tanto è quasi inverno, in teoria non dovrebbero più esserci”..
IN TEORIA??? Thanks to the dick, Bruce…
Iniziamo il nostro giro alle 2 di pomeriggio a caccia di qualche animale (prima che qualche animale dia la caccia a noi). Non è il momento migliore per l’avvistamento degli animali, i quali sono rifugiati nel fitto per ripararsi dal sole e dalla calura del pomeriggio.
Riusciamo tuttavia a vedere alcuni springboks, un paio di orici, facoceri, uno gnu solitario, un nutrito gruppo di zebre delle pianure (interessante notare come sia capace di distinguere a colpo d’occhio una zebra di montagna da una di pianura, ma non sappia distinguere un camoscio da un capriolo…), e verso il tramonto alcuni magnifici ed elusivi esemplari di kudu.
E’ anche possibile ammirare le costruzioni “condominiali” del passero tessitore.
Il percorso è breve, circa 15 km, e non presenta particolari difficoltà. Ben tracciato con rari dislivelli, presenta qualche problematica solo su alcune salite con fondo sabbioso pesante, dove la pedalata assistita viene particolarmente apprezzata (le bici sono parecchio pesanti e difficoltose da portare altrimenti).
Qualche sforzo è ben ricompensato però dall’emozione di pedalare liberi nel silenzio delle sabbie e della steppa, circondati dagli animali che spesso incrociano il nostro percorso (così rapidi da non avere neanche il tempo di scattare una foto).