2 Italy 2 Coast – Capitolo 2

Il nostro viaggio oggi ci riporta in Umbria, una regione con cui tutti noi Bikelanders abbiamo uno speciale legame, che va ben oltre i piaceri della tavola e i meravigliosi paesaggi. Ogni viaggio in Umbria ci pone di fronte a scelte, che, se da un lato aggiungono un nuovo tassello esplorato al nostro puzzle di questa meravigliosa regione, dall’altro lasciano il desiderio di tornare, per esplorare ancora un’altra destinazione, provare un’altra svolta, cercare una nuova traccia.
Non finiremo mai di esplorare l’Umbria…

TAPPA 5                                  FOLIGNO (PG) – ORVIETO (TR)

 

 

Memori del caldo atroce del giorno prima, lasciamo il nostro alloggio all’alba. La tappa di oggi non è breve e soprattutto ha un’altimetria non indifferente, con due ostacoli importanti da superare.

Lasciamo quindi Foligno per dirigerci verso il cuore della regione.

Passiamo accanto a Bevagna, intersecando così uno dei percorsi storici dell’epopea Bikelanders, da Assisi a Norcia, alla scoperta della Vecchia Ferrovia e della città di Norcia, prima ancora degli eventi cicloturistici e del terribile terremoto che distrusse lo stupendo centro storico della cittadina.

La giornata è fresca, all’orizzonte già si vede la salita.

Decidiamo quindi di sfruttare la mattinata e  affrontiamo il primo dislivello di giornata che ci porterà alla ridente cittadina di Bastardo, che ben si presta a facili ironie. Qui ci fermiamo a fare colazione e scorta di energie, perché da Bastardo, ovviamente, si sale.

     

Si sale e si sale, fino a scollinare finalmente nei pressi di Todi, dove ci congiungiamo con la Ciclabile del Tevere. La ciclabile è una bella strada bianca  che costeggia il fiume con qualche saliscendi. La mattina è ancora lunga, siamo ad ottimo punto e procediamo svelti verso la nostra destinazione.

     

La ciclabile si congiunge quindi con la strada statale, la cui mancanza di poesia, benché poco trafficata e lungo il fiume, comincia a erodere la nostra forza di volontà, con complice il caldo sempre più intenso e l’approssimarsi dell’ora di pranzo.

Lungo la strada purtroppo non c’è nulla e dobbiamo forzare la pedalata fino al Lago di Corbara. Solo dopo aver percorso tutto il lago troviamo un ristorante (Scacco Matto), purtroppo non ancora aperto. Ci intercetta però il proprietario, il quale apre la serranda quanto basta a farci entrare per dissetarci e riposare nel bellissimo terrazzino sul lago. Nonostante l’acquolina in bocca dopo aver visto il menù, non possiamo fermarci a pranzare, abbiamo ancora un po’ di strada da fare.

   

In particolare, dobbiamo ancora affrontare il mostro finale, la salita che porta al centro di Orvieto, che affrontiamo ripida proprio nel momento più caldo della giornata. Arriviamo stremati e fradici alle porte della città, dove continuare è ancora più difficile a causa della pendenza notevole e del fondo a sanpietrini scivolosi.

     

Spingiamo le bici fino al centro, improvvisiamo una doccia a una fontanella e cerchiamo un ristorante. Troviamo posto, nonostante l’ora un po’ tarda, al Ristorante Oleoteca Bartolomei. Una gentile e simpatica cameriera ci concede un tavolo a fronte della nostra promessa di renderci presentabili. La vita ci sorride di nuovo.


Sorridete, dite “Strangozzi al tartufo”!

Il Duomo di Orvieto, con la sua piazza che si apre a sorpresa tra i vicoli della città e la sua facciata gotica, è un capolavoro italiano e ripaga di tutti gli sforzi della giornata.

   

Dopo aver trovato alloggio proprio in centro e aver fatto una doccia, continuiamo la nostra visita culturale alla città e andiamo a visitare il Pozzo di San Patrizio, straordinaria opera architettonica caratterizzata da due rampe elicoidali a senso unico che ne garantiscono l’accesso.

     

Dopo una lunga coda, giunti finalmente sulla soglia d’ingresso, veniamo informati che la struttura ha raggiunto la capacità massima per la giornata e pertanto non sarebbero stati consentiti ulteriori accessi.

Letteralmente rimbalzati dalla cultura, ci dedichiamo a onorare il santo nell’unico modo che conosciamo.

 

TAPPA 6                                  ORVIETO (TR) – VITERBO(VT)

 

Per godere della frescura mattutina, lasciamo Orvieto alle prime luci dell’alba. Scendiamo dalla rupe su cui sorge la città: la discesa è in doppia cifra percentuale, ma approfittiamo dell’assenza di traffico per non affaticare troppo i freni.

Il risveglio è però brusco e il morale della truppa subisce subito un duro colpo. A valle ci attende una salita estremamente ripida e su fondo dissestato, che arrampica dritto per dritto.
Niente male come inizio tappa. Il premio, una volta ricongiunti con la strada principale, è una superba vista sullo skyline di Orvieto, avvolto dalla tenue luce dell’alba e da una foschia soffusa.

Non c’è tempo però per gli slanci poetici, abbiamo bisogno di tutte le nostre energie per superare la prima parte della tappa, che continua a salire anche se con pendenze più moderate, fino al confine con il Lazio.

Regione che ci accoglie benevola, con una bella discesa. In breve, veniamo investiti dall’odore dei pini marittimi, e lasciamo correre le ruote lungo la strada della nostalgia, rievocando memorie di vacanze estive, birrette con gli amici, e tutto quello che questi duri mesi di lockdown ci hanno fatto rimpiangere.

Siamo separati dalla velocità della discesa, ma quando raggiungiamo Bolsena ci rendiamo conto di aver condiviso lo stesso pensiero durante l’attraversamento della pineta.

   

Sono appena le nove di mattina e facciamo colazione pigramente seduti al tavolo di un bar, sulla riva del lago di Bolsena. Qui il nostro percorso si sovrappone alla Via Francigena, che sale vivacemente e a lungo su fondo sterrato, fino a Montefiascone.

   

Questa cittadina, nota per i suoi ottimi vini (EST! EST! EST!), domina il Lago di Bolsena dal colle più alto dei Monti Volsini (590 mslm), e fu storicamente uno dei centri più importanti durante il dominio della Chiesa.

    

Dopo aver saziato la fame alla maniera dei pellegrini, con pane e ciauscolo, visitiamo la città, dominata dalla Rocca dei Papi e dalla grande cupola del Duomo di Santa Margherita, seconda solo a quella di S. Pietro a Roma. La città è legata a doppio filo alla Via Francigena, beneficiando per secoli del grande transito di viaggiatori e pellegrini.

    

      

Da Montefiascone ci colleghiamo quindi con il percorso tradizionale della Francigena, qui davvero evocativo, in quanto si percorre l’antico basolato della via Cassia romana, ancora in decenti condizioni.

    


Roxy non era stata informata del “basolato” in buone condizioni..

Gli ultimi chilometri li percorriamo lungo la statale che porta a Viterbo, in uno dei momenti meno interessanti di tutta questa avventura, rovinati dal traffico maleodorante e dall’afa.

Con Viterbo entriamo nel cuore della Tuscia e cominciamo a sentire forte la presenza degli Etruschi, che caratterizzeranno anche i giorni successivi. Viterbo è stata però anche la Città dei Papi: il Palazzo Papale, e la sua splendida Loggia, detta “delle Benedizioni”, rappresentano infatti il monumento storico più importante della città.

   

Ma non solo, Viterbo è nota per ospitare il più vasto centro storico medievale d’Europa. Passeggiamo per le sue vie nel pomeriggio, in un silenzio surreale, e, per un attimo, il tempo rimane sospeso.

    

Pernottiamo nel meraviglioso B&B Torre di Vico, una vera e propria torre d’epoca in pieno centro storico. Stanze moderne, eleganti e dotate di tutti i comfort, mixate con gusto con l’arredamento classico dell’edificio e delle aree comuni. Non ultimo una terrazza che offre una vista a 360 gradi della città.


Decisamente troppo lusso per questi due..

Il quartiere medievale, così pacifico e spirituale di giorno, brulica di vita la sera. Assistiamo a un concerto jazz di fronte al Palazzo Papale e ci godiamo diversi drink, festeggiando infine la nostra, ottima, esperienza viterbese con una birretta DEF in terrazza.

   

 

TAPPA 7                                  VITERBO (VT) – VULCI (VT)

 

La mattina ci coglie impreparati e ci svegliamo con colpevole ritardo. La proprietaria del B&B ci accoglie nel salotto con un sorriso e ci consegna i cestini per la colazione che ci ha preparato, da consumare comodamente sul terrazzo.

Dopo la sostanziosa colazione, ci mettiamo in strada, ma è già tardi e già mal sopportiamo l’afa.

Il percorso di oggi parla forte Etrusco, fin dalla prima inter-tappa. Ci fermiamo infatti per una breve pausa nella città di Tuscania, una delle più belle città dell’Etruria Meridionale. La leggenda narra che sia stata fondata da Ascanio (l’8 di Gennaio ?), figlio di Enea, sul luogo in cui nacquero dodici cuccioli di cane, da cui il nome Tus Cana.

Erroneamente, non indugiamo in Tuscania a lungo; il tempo di uno spuntino e ci rimettiamo in sella, per fuggire il gran caldo. La strada, da asfaltata e di veloce percorrenza, diventa rapidamente una strada bianca, poi sterrato più selvaggio.

    

Il senso di gioia che ci pervade nel pedalare immersi nella natura ci abbandona presto, perché il sole è implacabile, il termometro sale inesorabile e non c’è traccia di acqua, ombra o civiltà di alcun tipo.
Inoltre, il sentiero, fin qui ben evidente, si perde negli arbusti e scompare, lasciandoci senza alcun riferimento.

Siamo costretti a percorrere a ritroso i nostri passi alla ricerca di una deviazione che ci riporti su una strada tracciata.

Cominciamo a perdere le speranze e a preoccuparci seriamente, specialmente per la mancanza ormai prolungata di scorte idriche, quando finalmente compare la statale, come in un vecchio pezzo di Max Pezzali.

Sbuchiamo nel piccolo paese di Canino, dove ancora oggi parlano di quei due ciclisti, coperti di polvere, che hanno bevuto di un fiato le scorte d’acqua del primo negozio di alimentari del paese.

Manca poco alla meta, ma percorrere quest’ultimo tratto ci è insopportabile.

Finalmente raggiungiamo il Parco Archeologico. Vulci fu una delle più grandi città-stato dell’Etruria, e nel sito archeologico sono stati rinvenuti numerosi reperti a testimonianza dei fasti e dell’importanza di quest’area. Dell’area urbana si riconosce chiaramente un decumano, delle cinte murarie, i resti di un tempio (il Tempio Grande) e di un acquedotto. Numerose inoltre le Necropoli, con la famosa Tomba della Sfinge e il grande tumulo.

    

Novelli Indiana Jones su due ruote, bolliti dal gran caldo, esploriamo la zona alla ricerca delle antiche rovine del baretto etrusco, dove risolviamo il problema dell’arsura.

Nell’area archeologica si trova anche il Laghetto del Pellicone. Circondato da maestose pareti di roccia vulcanica, immerso nella natura più incontaminata, un’acqua meravigliosa, una vera e propria Perla della Tuscia riconosciuta a livello nazionale. Il lago è stato utilizzato come set cinematografico per diverse pellicole italiane, tra cui “Tre Uomini e una Gamba” di Aldo, Giovanni e Giacomo e “Non ci resta che piangere” con Benigni e Troisi.

   

   

Nonostante il bagno rinfrescante, continuiamo a soffrire il solleone e decidiamo così di lasciarci alle spalle le suggestioni del passato di Vulci per cercare un po’ di ristoro.

Piantiamo le tende al Camping Vulci e rilassiamo le stanche membra nella piscina termale. Mentre sonnecchiamo sotto l’ampia tenda, osservando il sole infuocato scendere verso l’orizzonte, rivivono in noi i fasti di epoche antiche e immaginiamo le carovane dei mercanti, come noi provati dal caldo e dal lungo viaggio, in cerca di affari e riposo.

    

Accompagniamo il tramonto con una buona bottiglia di vino e con un’ottima cena presso il ristorante del campeggio, che di sera si riempie inaspettatamente di visitatori.

Manca ormai poco alla fine del viaggio..

 

TAPPA 8                                  VULCI (VT) – ISOLA DEL GIGLIO (GR)

 

Smontiamo le tende mentre ancora è scarsa la luce del giorno, e proviamo a fuggire dall’inferno bollente della Maremma Laziale per raggiungere le coste della Toscana.

   

Il percorso ci proietta immediatamente su un saliscendi sterrato, abbastanza impegnativo per noi con le bici cariche; mi ricorda però il motivo per cui prediligo delle gomme più tassellate rispetto ai miei compagi di viaggio.

Aspetto Robi già in Toscana, e, mentre ci togliamo di dosso un po’ di polvere, il suo superpotere avvista un baretto.

La strada presenta solo pochi ostacoli, dislivelli contenuti e la mattina è ancora giovane e fresca. Unico problema nella nostra altrimenti trionfale pedalata verso il Mar Tirreno sono gli sporadici attacchi dei tafani.

Superiamo Capalbio, uno dei Borghi più Belli d’Italia e il Giardino dei Tarocchi, entrambi meritevoli di una visita, che abbiamo però promesso alle nostre mogli.

Percorriamo un tratto di superstrada per raggiungere l’Argentario, compensando un tratto poco interessante, trafficato e pericoloso con una velocità media degna degli stradisti e in tarda mattinata abbiamo raggiunto Porto Santo Stefano.

   

Assicurate le bici sul traghetto ci godiamo il tratto via mare, ci sentiamo già arrivati. Dimentichiamo però la ripida salita che congiunge Giglio Porto a Giglio Castello, per poi scendere a Campese, sul versante ovest, dove siamo diretti.

    

     

Dal Camping del Sole, dove ci accampiamo, questa volta stabilmente per qualche giorno di meritato riposo, godiamo di una vista meravigliosa sulla baia. Il primo scontrino del bar è epico e i locali ci riconoscono la dovuta gloria.

   

Il sole, che abbiamo inseguito, fuggito, temuto, ora regala i tramonti più belli e segna l’epilogo della nostra avventura, iniziata là dove l’astro sorge, e terminata qui, dove saluta la notte tuffandosi nel mare.

       

 

BONUS TRACK

Si, questa è Pisa. Il rientro in treno è stato alquanto complicato, abbiamo dovuto organizzare un pernottamento intermedio e abbiamo sfruttato l’occasione per visitare la città toscana e goderne la vita notturna (alquanto peculiare, bisogna ammettere).

     

Abbiamo cambiato diversi treni, ma la tratta Parma – Milano vince per qualità.